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Quanto ci condiziona l'ambiente in cui viviamo?


Non possiamo scindere noi stessi, dall'ambiente in cui viviamo.

Questa affermazione è vera, perchè non possiamo dire con assoluta certezza che faremmo le stesse cose, o saremmo le stesse persone, in un contesto diverso da quello che stiamo vivendo ora. Ci possiamo affermare come brave persone, intelligenti o furbe in base alla situazione che stiamo vivendo, dipendentemente dalle persone che sono presenti.


Due studi sono stati eseguiti a riguardo: Milgram.

Il primo è l'esperimento condotto da Stanley Milgram. Ciò che si andava ad indagare è "l'obbedienza alle autorità".

Condotto nel 1961, l'obiettivo dello studio era indagare la risposta comportamentale dei soggetti sperimentali, nella situazione in cui un'autorità, nel caso specifico uno scienziato, ordinava di eseguire delle azioni in conflitto con i valori etici e morali dei soggetti stessi.

Nella fase iniziale della prova lo sperimentatore, assieme a un collaboratore complice, assegnava con un sorteggio truccato i ruoli di "allievo" e di "insegnante": il soggetto ignaro era sempre sorteggiato come insegnante e il complice come allievo. I due soggetti venivano poi condotti nelle stanze predisposte per l'esperimento. L'insegnante (soggetto ignaro) era posto di fronte al quadro di controllo di un generatore di corrente elettrica, composto da 30 interruttori a leva posti in fila orizzontale, sotto ognuno dei quali vi era segnalata la tensione, dai 15 V del primo ai 450 V dell'ultimo. Sotto ogni gruppo di 4 interruttori apparivano le seguenti diciture: (1–4) scossa leggera, (5–8) scossa media, (9–12) scossa forte, (13–16) scossa molto forte, (17–20) scossa intensa, (21–24) scossa molto intensa, (25–28) attenzione: scossa molto pericolosa, (29–30) XXX.

All'insegnante era fatta percepire la scossa relativa alla terza leva (45 V) in modo che si rendesse personalmente conto che non vi erano finzioni e gli venivano precisati i suoi compiti come segue:

  1. leggere all'allievo una serie di coppie di parole, per esempio: "scatola azzurra", "giornata serena"; compito dell'allievo era di memorizzare le coppie, in vista della fase successiva;

  2. ripetere la seconda parola di ogni coppia accompagnata da quattro associazioni alternative, per esempio: "azzurra – auto, acqua, scatola, lampada", e chiedere all'allievo quale fosse, tra quelle elencate, la parola presente nella coppia originaria: ad esempio, "azzurra - scatola";

  3. decidere se la risposta fornita dall'allievo fosse corretta;

  4. in caso fosse sbagliata, infliggere una punizione, aumentando l'intensità della scossa a ogni errore dell'allievo.

Quest'ultimo veniva legato a una specie di sedia elettrica e gli era applicato un elettrodo al polso, collegato al generatore di corrente posto nella stanza accanto. Doveva rispondere alle domande, e fingere una reazione con implorazioni e grida al progredire dell'intensità delle scosse (che in realtà non riceveva), fino a che, raggiunti i 330 V, non emetteva più alcun lamento, simulando di essere svenuto per le scosse precedenti.

Lo sperimentatore aveva il compito, durante la prova, di esortare in modo pressante l'insegnante: «l'esperimento richiede che lei continui», «è assolutamente indispensabile che lei continui», «non ha altra scelta, deve proseguire». Il grado di obbedienza fu misurato in base al numero dell'ultimo interruttore premuto da ogni soggetto prima che quest'ultimo interrompesse autonomamente la prova oppure, nel caso il soggetto avesse deciso di continuare fino alla fine, al trentesimo interruttore. Soltanto al termine dell'esperimento i soggetti vennero informati che la vittima non aveva subito alcun tipo di scossa.

Una percentuale considerevole di soggetti continuava fino all'interruttore finale, modificando cosi il suo comportamento, in base al contesto in cui si trovava.


Due studi sono stati eseguiti a riguardo: Stanford.

Il secondo studio è l'esperimento carcerario di Stanford, condotto da Philippe Zimbardo. Fu condotto nel 1971.L'esperimento prevedeva l'assegnazione, ai volontari che accettarono di parteciparvi, dei ruoli di guardie e prigionieri all'interno di un carcere simulato. I risultati ebbero dei risvolti così drammatici da indurre gli autori dello studio a sospendere la sperimentazione. Infatti, dopo solo due giorni si verificarono i primi episodi di violenza: i detenuti si strapparono le divise di dosso e si barricarono all'interno delle celle inveendo contro le guardie; queste iniziarono a intimidirli e umiliarli cercando in tutte le maniere di spezzare il legame di solidarietà che si era sviluppato fra essi. Le guardie costrinsero i prigionieri a cantare canzoni oscene, a defecare in secchi che non avevano il permesso di vuotare, a pulire le latrine a mani nude. A fatica le guardie e il direttore del carcere (lo stesso Zimbardo) riuscirono a contrastare un tentativo di evasione di massa da parte dei detenuti. Al quinto giorno i prigionieri mostrarono sintomi evidenti di disgregazione individuale e collettiva: il loro comportamento era docile e passivo, il loro rapporto con la realtà appariva compromesso da seri disturbi emotivi, mentre per contro le guardie continuavano a comportarsi in modo vessatorio e sadico. A questo punto i ricercatori interruppero l'esperimento suscitando da un lato la soddisfazione dei carcerati e dall'altro un certo disappunto da parte delle guardie.


L'ambiente ci rende ciò che siamo.

Questi due esperimenti ci fanno riflettere su quanto l'ambiente abbia condizionato queste persone fino a portarle ad essere dei criminali, dei sadici e violenti.

Non concentrandosi sui lati estremi delle storie, è importante capire quanto piccole differenze nel nostro ambiente possano cambiare diametralmente il nostro comportamento e atteggiamento.

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